martedì 29 aprile 2008

197 - Il syrtaki è un'invenzione...


Cortesia foto: www.wikipedia.org


Parlando di musica greca urbana popolare, la prima cosa che ci viene in mente è la parola "Syrtaki", generalmente abbinata alla musica di "Zorba il Greco". Il problema è che nella nomenclatura tradizionale di questo genere di musica il "Syrtaki" non esiste. E' stato inventato, più o meno all'occasione dell'uscita del film con Anthony Queen, perché i nomi veri delle danze urbane popolari erano troppo complicati, e complicate le danze stesse.
La categoria musicale si chiama "Rebetiko", ed è nata nell'800 dopo la fine dell'occupazione ottomana. In quel periodo di sviluppo urbano inflazionato dovuto all'industrializzazione del paese, si formò una classe di malavitosi, soprattutto ad Atene, al Pireo e a Salonicco (i tre centri economici principali) chiamati "Rebetes" o "Manghes", dei tipi che rifiutavano le regole sociali della vecchia tradizione, che non amavano molto il lavoro onesto e il lavoro in generale, che trafficavano di tutto e di più, che mettevano le fidanzate sul marciapiede, che giravano armati di coltelli e pistole, che andavano spesso in galera e bevevano e ballavano di notte nelle taverne per sfogare lo spleen di una vita che comunque non era sempre rosea.
Simultaneamente ritornarono in patria i profughi greci dalla Turchia e specialmente da Smirne e dall'Asia Minore in generale, dov'erano maggiormente concentrati da molto tempo, portando con sé modi, usi, costumi e quindi musica e danze ispirate a quelli turchi. Il tutto diede nascita al "Rebetiko", che spesso segue addirittura la scrittura musicale orientale.
Del "Rebetiko" fanno parte lo "Zebekiko", l' "Hassapiko", lo "Tsiftetèli" e il "Karsilama". Possiamo dire che adesso esiste anche il "Syrtaki" come appendice turistico, una specie di misto annacquato di queste ultime.
Lo "Zebekiko" prende nome dall'etnia turca Zebek, l' "Hassapiko" viene da "Hassap", in turco: macellaio, e in effetti è un ballo collettivo che ballavano i macellai, lo "Tsiftetèli" è la danza del ventre orientale grecizzata, e il "Karsilama" viene dal turco "Karsi Lamar" ovvero "agire all'incontrario". A parte lo "Tsiftetèli" riservato alle donne, le altre danze sono esclusivamente maschili e ai tempi dei "Rebetes" erano proprio danze dei "guitti" dei quartieri bassi. Danze molto serie e raccolte, che non si dazavano per "divertimento", e che a volte davano luogo a transe e ballo sui cocci rotti a piedi nudi, quindi niente di molto "leggero", ma estremamente significativo dell'amarezza della vita, che veniva espressa poeticamente o meno poeticamente nei testo delle canzoni.
Gli strumenti sono anch'essi di origine turca, a parte violino, fisarmonica, clarinetto e chitarra, e sono il celebre "Bouzouki", il piccolo "Baglamàs", la tavola a corde detta "Santùri"e altri strumenti ormai caduti in disuso.
Il "Syrtàki", quindi, è un ballo recente, edulcorato, ad uso e destinazione di chi, appunto, non sa niente di queste cose. I Greci sono molto gelosi dellel loro tradizioni, e non gli sembrava possibile fare entrare milioni di stranieri in visita nello spirito profondamente storico ed ermetico del "Rebetiko", che tra l'altro si pratica ormai poco perché, come dappertutto, i giovani preferiscono...il rock. L'unico ballo che abbia ancora molto successo nelle città è lo "Tsiftetèli", tornato in voga alcuni anni fa proprio negli ambienti giovanili che lo usano per fare la festa, ballando sui tavoli dopo abbondanti libagioni.
Il resto della musica popolare greca è musica di campagna: tutt'un'altra musica...

Qui sotto: uno "zebekiko" danzato e un "Tsiftetèli"






196 - Tyròpita ovvero torta al formaggio greca

La "tyròpita" (da Tyrì, formaggio, e Pìta, torta sfogliata) è un altro dei classici della cucina greca.
Si fa con la pasta fillo se veramente si vuole essere talebani, ma oggigiorno quasi tutti la fanno con la pasta sfoglia. Io, a seconda, la faccio con l'una o con l'altra.
Questa è la mia versione con pasta sfoglia.

Per 4 o per 2 che mangiano tanto:

400g di formaggio feta (sarebbero praticamente 2 confezioni del commercio)
1 yogurt greco (1 confezione da 150g) intero
3 cucchiai da minestra di purè di patate liofillizzato
1 cipolla bianca piccola
2 uova intere
2 cucchiai da minestra di olio e.v.
1/2 cucchiaino da caffè di cannella in polvere
1 cucchiaino da caffè di origano secco
2 tondi di pasta sfoglia del commercio se non avete il coraggio di farla in casa (e vi capisco...)
No: niente sale, la feta sala molto
1 tuorlo sbattuto per spennellare

Frullare nel mixer tutti gli ingredienti (tranne che la pasta sfoglia...e non ridete: me l'hanno già chiesto!) per ottenere una bella pasta morbida ma non scorrevole, che lascerete riposare una decina di minuti per permettere al purè di patate di gonfiare.
Stendere una pasta sfoglia in una teglia da forno unta e infarinata.
Riempire la forma foderata di pasta sfoglia con l'impasto del ripieno.

Coprire con altre pasta sfoglie, spennellare con tuorlo sbatturo, cospargere con semi a vostro gusto (sesamo, finocchio, nigella...) e un pò di origano.


Infornare a forno prescaldato a 170° (una temperatura più alta rischia di non fare sfogliare la pasta) per circa 45 minuti.
Si mangia calda.
Servire con insalata greca o non greca.

195 - Peperoni farciti vegetariani


Cortesia foto: http://www.agraria.org


Questi peperoni farciti possono definirsi vegetariani, anche se nella tradizione campana esistono da tempo.

In effetti, questa ricetta arriva direttamente da Napoli attraverso una signora che cucina molto bene.
Forse non sarà quella più classica, ma ve la raccomando lo stesso...

Per 5 peperoni "mediogrossi"
ripieno:
100g di pesto
150g di pangrattato
200g di pomodorini rossi dadolati piccolo
100g di parmigiano grattato
170g di olivette taggiasche denocciolate
30g di capperi dissalati
4 uova intere
40g di cipolla tritata
sale e pepe a piacere
salsa:
700g di polpa di pomodoro
200g di passata di pomodoro
sale a piacere
Lavare i peperoni, scoperchiarli e pulire l'interno poi asciugarli bene.
Avendo unito e amalgamato bene tutti gli ingredienti del ripieno, farcirne i peperoni e chiuderli con i loro "coperchi".
Fare rosolare i peperoni farciti su tutti i lati in un padellone alto o tegame, in olio d'oliva.
Completata la rosolatura, aggiungere la polpa di pomodoro e la passata mescolate e crude.
Portare a ebollizione e abbassare il fuoco ma senza fermare l'ebollizione che deve essere blanda ma effettiva ("peppiare") per circa 40 minuti.
Consumare tiepido o freddo, meglio se l'indomani.

lunedì 28 aprile 2008

194 - Vinaigrette classica

Cortesia foto: http://www.colasuonno.it


La vinaigrette in Francia è il condimento indispensabile dell'insalata verde, ma si usa anche con altre insalate, verdure cotte (provatela con le patate lesse, è una squisitezza)e addirittura con carne o pesce a seconda della fantasia di chi cucina...

Io la faccio così:

Olio di semi (l'olio di oliva è sprecata con la vinaigrette per via della senape...)
Aceto di vino
senape forte di Digione (bianca o aromatizzata al dragoncello...)
scalogno trittato finisimo
Prezzemolo trittato finissimo
Sale e pepe
Acqua

Trattasi semplicemente di mescolare tutti questi ingredienti nelle proporzioni a piacere, ewmulsionando il tutto per ottenere una salsa scorrevole ma "schiumosa". L'emulsione si ottiene agitando bene un barattolo nel quale si è versato il miscuglio, oppure frullando con il mixer a immersione.


193 - Sosaties ovvero spiedini di carne sudafricani



Trovo questa curiosa ricetta in inglese sul sito The Global Gourmet et non resisto.
Ve la traduco.

500g di carne d'agnello a cubetti
500g di carne di maiale a cubetti
1 grosso spicchio d'aglio per strofinare un contenitore
Sale e pepe
4 cucchiai da minestra di olio di arachidi
1 cipolla bianca trittata
1 cucchiao da minestra Polvere di curry
1 spicchio di aglio trittato
2 cucchiai da minestra di zucchero
1 cucchiaio da minestra di pasta di tamarindo
2 tazze da thè di aceto bianco
2 cucchiai da minestra di marmellata di albicocche
2 cucchiai da minestra di amido di maïs (Maizena)
2 cucchiai da minestra di vino rosso
250g di albicocche secche
1/ tazza di Sherry

Mettere l'agnello e il maiale in un contenitore capiente che avrete strofinato con aglio.
Aggiungere sale e pepe e mescolare bene.

Scaldare l'olio di semi in una pentola e farci saltare la cipolla trittata per 5/6 minuti.
Aggiungere la polvere di curry e l'aglio trittato e saltare per altri 2 minuti.
Aggiungere lo zucchero, la pasta di tamarindo*, l'aceto e la marmellata di albicocche, e mescolare bene.
Diluite la Maizena con il vino rosso e aggiungetela, cuocendo a fuoco basso girando continuamente fino a quando il tutto non ispessisce. Dovrebbe impiegare circa 3 minuti.
Lasciare raffreddare, aggiungere questo preparato alla carne, mescolare bene e lasciare insaporire in frigo per 2/3 giorni.
La sera prima di consumare gli spiedini, mescolare le albicocche secche con il Sherry in un piccolo contenitore, coprire e tenere in frigo per tuta la notte.
A momento di consumare, scolate la carne dalla marinata tenendo da parte quest'ultima, infilate i pezzi di carne su degli spiedini alternando con albicocche marinate, e grigliateli bene, preferibilmente su carbonella.
Servite con la marinata riscaldata.

Il primo o la prima che li fa racconta agli altri, mi raccomando!
A me l'idea piace abbastanza...

*Pasta di tamarindo: si trova sempre nei negozi di specialità indiane o pakistane, a volte anche nei negozi arabi, con o senza semi. Si usa come acidificante al posto del limone. Se non la trovate potete usare il succo di limone senza esagerare.

E la voce straordinaria della South African Queen Miriam Makeba...




192 - Sono stato di nuovo premiato...

Eh si, la Luvi mi ha attribuito (ovvero ha attribuito al mio blog) il premio seguente:




che accetto volentieri ringraziandola, e lo riattribuisco a mia volta, secondo regolamento (anche se il sito non mi fa dare la conferma per via di un codice cifrato delirante...)

a


Imma di Caffeine for Two

e

Carmen di The Swan Cake


per la passione e l'energia che mettono a costruire i loro blog.


mercoledì 23 aprile 2008

191 - Tiramisù "after eight" al cioccolato e menta

Cortesia foto: http://www.leserre.it

Originale e molto buono (per chi ama l'abbinamento cioccolato-menta).
Faccio così:

sbatto 500g mascarpone con 2 tavolette di cioccolata amara fusa intiedpidita e un pò di zucchero a velo, e ciò finisce di raffreddarla.
Aggiungo tuorli di 4 uova e sbatto bene, poi aggiungo i bianchi montati bene, delicatamente.
Bagno i savoiardi in acqua aromatizzata allo sciroppo di menta, e faccio i soliti strati, l'ultimo essendo di crema come al solito.
Metto in frigo a rapprendere ed amalgamare per almeno due/tre ore.


martedì 22 aprile 2008

190 - Potage Parmentier ovvero minestra di patate e porri




Un grande classico della cucina francese, che mi sono divertito a "mediterraneizzare" usando l'olio d'oliva e.v. invece del burro e il parmigiano invece del gruyère.
Per 6 persone:
2 porri (solo i bianchi) a rondelle
500g di patate a dadini
4 cucciai da minestra di olio di oliva e.v.
1l di latte
1 rametto di timo
1 pizzico di noce moscata
Sale e pepe

Parmigiano grattato
Faccio andare i porri in 2 cucchiai d'olio d'oliva fino a quando sono "fusi" e non rosolati.
Aggiungo le patate e le faccio insaporire un pò con i porri.
Aggiungo il timo, la moscata, il latte e sale e pepe.
Porto a bollore, riduco il fuoco a mediobasso e lascio cuocere fino a disfacimento delle patate. Passo il tutto al mixer con altri 2 cuchiai di olio di oliva.

Servo bollente con un pò di prezzemolo grattato, e parmigiano grattato a parte.

Semplice ma gustosissima...

Più ricca ma buona anche la ricetta di Eloisa pubblicata su Cookaraound.com


lunedì 21 aprile 2008

189 - David dovrebbe fare moto...




Ma che è successo al David di Michelangelo??????
A furia di stare fermo per secoli sta mettendo sù ciccia!
E pensare che non mangia nemmeno...


188 - Ipovrichio / Vanilia ovvero confettura di zucchero




L'oggetto che vedete nella foto è un oggetto simbolico prima di essere utilitario.
E' un porta-confettura tradizionale di tuttta l'area ex-ottomana.
Di peltro o altro metallo, ma più spesso d'argento e anche d'oro nelle famiglie molto ricche, si portava su un vassoio agli ospiti appena arrivati nel pomeriggio o dopo cena, con una coppetta colma di confettura nella cavità, tazzine di caffè "turco", piattini, salviette e bicchieri di acqua ghiaccia attorno.
Gli ospiti dovevano prendere con un cucchiaino una cucchiaiata di confettura, mangiare la confettura, bere un sorso di acqua e deporre il cucchiaino nell'acqua rimasta nel bicchiere.
Poi sorbivano il caffè, spesso accompagnato anche da pasticcini vari, e una volta compiuto questo rito propiziatorio di dolcezza e benvenuto, si dava il via alle chiacchierate.
Dico "rito" perché lo era realmente. Nessuno avrebbe accolto in casa propria un ospite senza prima di tutto fargli sentire la dolcezza dell'accoglienza. Chiunque non avesse diritto a questo trattamento sapeva d'entrata che la sua presenza in casa non era gradita, e che doveva andarsene al più presto. In questo caso (almeno in Grecia), è probabile che la padrona di casa si fosse eclissata un attimo per andare a ribaltare la scopa dietro alla porta della cucina o dello sgabuzzino, peli in alto, per congiurare i "mali" che portava l'ospite non gradito...Non so se si faccia ancora, ma io l'ho visto fare ad una mia zia di Atene negli anni '60.
L'accoglienza "in dolcezza" è tuttora praticata in tutta quell'area, anche se magari non si usa più il porta-confettura di una volta in tutte le famiglie, perché ormai è diventato oggetto di antiquariato prezioso.

Le confetture servite in questo contenitore erano (e sono tuttora) molto particolari.
Sono pezzi di frutta o frutta intera (ciliegie, noci verdi, cotogna, fichi, datteri, arance, limoni, mandarini, ecc...) e anche melanzane nane o pomodori, canditi in un pesante sciroppo a base di glucosio e speziate in vari modi, con a volte aggiunta di mandorle, noci o pistacchi. Non se ne può mangiare più di un cucchiaino alla volta, pena stucchevolezza immediata...
Una di queste confetture, il massimo della dolcezza, si chiama in greco "Ipovrichio" ovvero "sommergibile". In effetti, è talmente dolce e talmente pesante e dura che la si "succhia" dal cucchiaino immergendolo più volte nel bicchiere di acqua. I greci la chiamano anche semplicemente "Vanilia" perché all'origine era profumata alla vaniglia, ma oggi in Grecia la si trova anche alla menta, alla fragola, al limone, ecc...E' un'esperienza glicemica notevole, ma in fondo non più di una grossa caramella.
Si tratta di confettura di zucchero, sotto forma di pasta bianca o colorata, dura e pesante.
Essendo io cuoco e non pasticcere né confettiere, vi do la ricetta del sito www.terragrecia.it:

"Vanilia glikò – ipovrichio
640g di zucchero, 1/2 tazza d'acqua, 2 cucchiaini di succo di limone, 1 cucchiaino (non pieno) di vaniglia.
Mettere lo zucchero con l'acqua a bollire mescolando all'inizio. Quando sarà molto denso (ve ne accorgerete quando versandone una goccia in un piatto con l'acqua non si scioglierà) versare il succo di limone, lasciare bollire ancora un po' e poi toglierlo dal fuoco. Vuotarlo in un grande contenitore di smalto o di ceramica e farlo raffreddare fino a diventare tiepido. Allora mettere la vaniglia e cominciare a girare continuamente con un cucchiaio di legno, sempre nello stesso verso fino ad imbiancarsi e ad addensarsi."




domenica 20 aprile 2008

187 - Persico all’arancia in cartoccio

Cortesia immagina: http://www.iii.to.cnr.it/



A me il persico piace abbastanza.
Non è un pesce molto saporito ma è delicato, con poche lische, economico, e si presta a diverse preparazioni, anche audaci come questa.
Provare per credere...

Per 4 persone:
2 filetti grossi di persico
6 arance
1 mazzetto di prezzemolo sminuzzato
3 Scalogni sminuzzati
Curcuma
Olio d'oliva e.v.
Sale e pepe rosa
Carta da forno e Spillatrice

Tagliare i filetti in due (e sono 4 porzioni).
Metterli in un recipiente abbastanza largo per non doverli sovraporre.
buttarci sopra un miscuglio fatto con 1 bicchiere d'olio, il succo di 3 arance, 2 scalogni sminuzzati e metà del prezzemolo sminuzzato.
Piazzare il recipiente chiuso in frigorifero per almeno 4/5 ore, rigirando i pezzi ogni tanto.
Scolare il pesce dalla marinata.
Fare 4 cartocci con carta da forno.
Piazzare una porzione di pesce marinato in ogni cartoccio.
Aggiungere 1 cucchiao da minestra di marinata, un pò del terzo scalogno sminuzzato fresco, un pò del prezzemolo restante sminuzzato sul momento, 1 pizzico di curcuma, una mulinata di pepe rosa e sale a piacere, più fettine dalle arance rimaste, con la buccia.
Chiudere i cartocci con la spillatrice e infornare a 200° per 10 / 15 minuti.
Servire con una bella insalata insolita, magari aromatizzata al succo d'arancia o alla buccia d'arancia grattata.




186 - Sigari al salmone in pasta fillo




Questa ricetta è una "creazione" per un ristorante.
I sigari al salmone sono leggeri e gustosi.
La foto rappresenta dei "nêm" vietnamiti ma l'aspetto è identico...

Ingredienti:
filetti di samone tagliati a fette lunghe e strette (nastri)
pasta phyllo o da brik
buccia di limone grattata fina
prezzemolo sminuzzato
Sale e pepe
Un purè originale (porri, porri e rucola, patata dolce, zucca ecc...) come accompagnamento-

Passare i nastri di salmone nel limone grattato e il prezzemolo mescolati.
Salarli e peparli.
Arrotolarli in due fogli di phyllo o brik incollando bene con bianco d'uovo.
"Ugualizzare" le estremità tagliando la pasta in eccesso.
Metterli in forno a 200° per una ventina di minuti (attenti che non bruci la pasta).
Tagliarli in due e servirli con il purè di verdure e una dadolata di peperoni misti crudi a pioggia sul piatto.


185 - Borchtch ovvero minestra di carne e cavolo ukraina

Questa minestra della tradizione ukraina è diventata un classico della cucina russa.
Esiste anche una specie di minestra chiara e porpora, che si beve fredda o calda, a base di barbabietola sola, che ha lo stesso nome. Ma è più interessante questa.
Io la faccio così:

Per 4 persone:
400g di carne di manzo da bollito a dadi non troppo piccoli
300g di cavolo verza a striscioline
3 carote a rondelle sottili
2 grosse barbabietole cotte, a dadini
2 grosse cipolle bianche sminuzzate
2 pomodori maturi spellati e svuotati, a dadini
1 spicchio d'aglio sminuzzato
2 foglie d'alloro
1 cucchiaino da caffè di semi di kummel (cumino olandese)
50g di grasso d'oca o di pollo o burro o olio di semi
Aceto di vino
Zucchero
Sale e pepe
Panna acida oppure panna da cucina con aggiunta di yogurt

fare rosolare bene la carne insieme alle verdure, tranne che il pomodoro, in 50g di grasso o olio di semi.
Quando il tutto è rosolato bene, togliere le verdure e tenerle da parte insieme al pomodoro.
Aggiungere alla carne circa 1l e mezzo di acqua, l'alloro, i semi di kummel, 1 cucchiaio da minestra di aceto, 1 cucchiaino da caffè di zucchero, sale e pepe, e portare a bollore.
Quando bolle, abbassare il fuoco a medio-basso, coprire la pentola e lasciare cuocere la carne fino a quando non è tenera. Essendo carne da bollito ci vorrà almeno 1 ora e mezza...
A questo punto aggiungere le verdure e il pomodoro e lasciare cuocere per un'altra mezz'ora.
Servire bollente con una cucchiata abbondante di panna acida (o panna mescolata con yogurt se la panna acida non la trovate).
Qualcuno ci mette anche patate ma io preferisco senza...
Qualcuno ci mette l'aneto fresco ma io preferisco il kummel...
Nella versione ebraica non si mette la panna se si mette la carne, e reciprocamente...

Vodka, birra e balalaïka, oppure...




184 - Janet Mullarney




Janet Mullarney è una scultrice irlandese che vive in Toscana da tanti anni.
E' anche una mia cara amica e una persona bellissima.
Ha inaugurato ieri pomeriggio una mostra personale alla Casa Masaccio di San Giovanni Valdarno (AR), una specie di "trasloco" di opere che si chiama "Around the house", a cura di Susanna Ragionieri, con il patrocinio del comune di San Giovanni e di Castelfranco di Sopra (AR).
Vi consiglio di fare un giro sul suo sito internet e su quello della Casa Masaccio per avere informazioni su Janet, le sue opere e la mostra in corso...

giovedì 17 aprile 2008

183 - Pesach ovvero la Pasqua ebraica



La Pasqua ebraica si celebra quest'anno il 20 aprile, ovvero domenica prossima. Leggiamo su Wikipedia.org cosa è e cosa rappresenta...
"Pesach o Pesah (detta anche Pasqua ebraica), è una festività ebraica che dura otto giorni (sette nella sola Israele) e che ricorda l'Esodo e la liberazione del popolo israelita dall'Egitto; la Pasqua cristiana - pur aggiungendo dei significati cristologici - trae origine da questa festività.
Origine della festa
Il termine Pesach appare nella Torah (Antico testamento). Dio annuncia al popolo di Israele, schiavo in Egitto, che lui lo libererà, egli dice:
« In questa notte io passerò attraverso l'Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame » (Esodo 12;12-12)
Ad ogni modo, ordina al popolo di Israele di marcare gli stipiti delle loro porte con sangue di agnello cosicché:
« Io vedrò il sangue e passerò oltre; colpirò invece con il mio castigo l'intero Egitto, e a voi non succederà niente » (Esodo 12;13-13)
La frase "passerò oltre" in ebraico viene resa con la parola Pesach, da qui il termine italiano Pasqua. In inglese viene invece utilizzata la traduzione letterale "Pass Over" contratto in passover.
Sebbene il termine non sia menzionato prima del Libro dell'Esodo, ci sono tracce di osservanza della festività in epoca antecedente. In Genesi (19,3), si narra di come Lot accolse i due angeli che avrebbero dovuto distruggere la città di Sodoma cucinando per loro "pane non lievitato" senza alcuna ragione apparente.
I due principali comandamenti legati alla festa di Pesach sono: cibarsi di matzah (pane non lievitato) e la proibizione di nutrirsi di qualsiasi cibo contenente lievito durante l'intero periodo della festività. In epoca antica ve ne era un terzo: l'offerta dell'agnello nella sera del giorno 14 del mese ebraico di Nissan ed il cibarsi quella stessa notte del sacrificio di Pesach. I comandamenti sono stati trasformati in una cena particolare chiamata seder celebrata nelle prime due sere della festa (in Israele solo il primo giorno). Altri usi associati a Pesach sono il cibarsi di erbe amare ed altri alimenti durante la celebrazione del seder. Sebbene parecchie siano le spiegazioni che sono state date al cibarsi di pane azzimo, la più accreditata è che si tratti di un ricordo del pane di cui gli Israeliti si cibarono durante l'Esodo: durante la loro fuga dall'Egitto non ebbero il tempo di far lievitare il pane.

Usi ebraici
Prima dell'inizio della festività gli ebrei osservanti eliminano da casa ogni minima traccia di lievito e qualsiasi cibo che ne contenga (questo viene indicato con il termine chametz). Questa tradizione viene chiamata 'bedikat chametz' (controllo del chametz). Durante tutto il periodo della festività non viene consumato cibo lievitato sostituendo il pane, la pasta e i dolci con le matzot (plurale di matzah) ed altri cibi appositamente preparati.
Pesach è una festività felice che viene solitamente trascorsa in famiglia. La prima notte, in particolare, è la più importante. Durante le prime due sere si usa consumare la cena seguendo un ordine particolare di cibi e preghiere che prende il nome di seder, parola che in ebraico significa per l'appunto ordine, durante il quale si narra l'intera storia del conflitto con il faraone, delle 10 piaghe e della fuga finale seguendo il racconto della Haggadah di Pesach. Tradizionalmente è il bimbo più piccolo della casa che chiede all'uomo più vecchio di raccontare cosa successe allora, con una semplice domanda (in ebraico מה נשתנה הלילה הזה מכל הלילות, che si legge Ma nishtana ha laila hazeh micol ha leilot? e che significa Cosa distingue questa sera da tutte le altre sere? ).

Il Seder
Durante il seder vengono utilizzate 3 matzot che vengono tenute coperte da un panno. all'inizio della cena viene spezzata in due pezzi quella di mezzo. Il pezzo più piccolo viene rimesso tra le due rimanenti, mentre il pezzo più grande viene utilizzato come Afikomen, ovvero l'ultimo pezzo di matzah che verrà consumata durante il pasto. Vi sono due usanze riguardo l'afikomen, entrambe con lo scopo di tenere i bambini attenti allo svolgersi della cerimonia. In entrambi i casi l'afikomen viene nascosta: nel primo caso da uno dei bambini per poi essere cercata dagli adulti e, nel caso questi non la trovassero pagando il bimbo per la sua restituzione. L'altra usanza prevede, invece, che a nascondere l'afikomen siano gli adulti e venga premiato il bambino che la ritrova.
Durante la cerimonia, un piatto, detto piatto del Seder è parte centrale della cena. Il piatto del seder è di solito decorato, ed ha dipinti tutti i principali simboli di Pesach. Al centro sono poste tre mazzot per ricordare la concitata e precipitosa fuga dall'Egitto. Attorno, nell'ordine (in senso antiorario e - nella tradizione - partendo dall'ingrediente posto di fronte al capofamiglia) vi sono il karpas, solitamente un gambo di sedano che ricorda la corrispondenza della festività di Pesach con la primavera e la mietitura che, in epoca antica, era essa stessa occasione di festeggiamento; un piatto di maror o erbe amare (solitamente un'insalata amara, come la cicoria) che rappresenza la durezza della schiavitù; una zampa arrostita di capretto chiamata zeru'a che rappresenta l'offerta dell'agnello presso il Tempio di Gerusalemme in occasione di Pesach, Shavuot e Sukkot; un uovo sodo (beitza) in ricordo del lutto per la distruzione del Tempio, e infine una sorta di marmellata preparata con frutta secca, noccioline, e vino (e altri ingredienti dolci, secondo la tradizione familiare) chiamato "haroset" che rappresenta la malta usata dagli ebrei durante la schiavitù per la costruzione delle città di Pit'om e Ramses. Alcuni, specie nell'uso italiano, aggiungono una seconda insalata, più dolce, come la lattuga.
La lettura dell'Haggadah inizia con un ricordo, un brano in lingua caldaica (A lahmà anià di achelu... : questo è il pane dell'afflizione che abbiamo mangiato... e prosegue con il brano Ma nishtana detto dal più giovane attorno alla tavola, come sopra detto. Un punto centrale del seder è quello in cui i quattro figli (il figlio saggio, il malvagio, il semplice ed il giovane, troppo inesperto per porre domande) chiedono al padre quale sia il significato di Pesach. I quattro fratelli rappresentano quattro tipi di Ebreo. Il figlio saggio (Quali sono le leggi e gli statuti che il Signore nostro Dio vi ha comandato?) rappresenta l'ebreo osservante. Il figlio malvagio (Cos'è questo per voi?) rappresenta invece l'ebreo che rifiuta la sua eredità e la sua religione. Il semplice (Cos'è tutto questo?) si riconosce nell'ebreo completamente indifferente. Il giovane, invece, colui che non conosce della propria cultura e tradizione a sufficienza per poter prendere parte alla discussione (A lui inizierai tu stesso il discorso). Poco dopo, vi è il ricordo delle dieci piaghe inflitte da Dio all'Egitto per indurre il Faraone a lasciare liberi gli Ebrei, e un esempio di pilpul, o discussione talmudica, in cui, nell'interpretazione rabbinica, le piaghe da dieci diventano quaranta, poi cinquanta, poi addirittura duecento. Più avanti, si ripete la promessa millenaria השנה הבאה בירושלים, Hashana haba'a b'Yrushalayim - l'anno prossimo a Gerusalemme. Nel corso del seder vi è obbligo di bere quattro bicchieri di vino, e quindi è naturale che, oltre ad essere composto da diversi brani cantati,termini di solito con canti tradizionali. Nella tradizione italiana, i canti sono in italiano, e si ricordano Had gadià, la storia del capretto resa famosa da Angelo Branduardi in forma ridotta con il titolo La fiera dell'est, e il conteggio, cantato, da uno a tredici, dove uno è ovviamente Dio, fino a tredici attributi divini, passando per due Tavole della Legge, tre Patriarchi, Quattro Madri di Israele, cinque libri della Torah, sei libri della Mishnah, sette giorni della settimana, otto giorni della circoncisione, nove mesi di gravidanza, dieci Comandamenti, undici costellazioni (nell'accezione ebraica), dodici tribù.
Dato che il nome di "Seder" significa "ordine" non v'è da sorprendersi vi sia un preciso ordine per ciò che accadrà durante la sera. La cena procede secondo quest'ordine:

Kaddesh קדש (La benedizione del Kiddush e il primo bicchiere di vino)
Ur'chatz ורחץ (La pulizia delle mani, come nella Netilat Yadaim ma senza benedizione)
Karpas כרפס (Si intinge il sedano nell'acqua salata)
Yachatz יחץ (Rottura della Matzah centrale.)
Maggid מגיד(Racconto della storia di Pesach. Le quattro domande.)
Rochtzah רחץ(Seconda abluzione delle mani)
Motzi/ Matzah מוציא / מצה (Benedizione sulle matzot)
Maror מרור (Si mangia il charoset ed il maror)
Korech כורך (Si mangia la Matzah, lo charoset, ed il maror)
Shulchan Orech שולחן עורך (Viene servita la cena)
Tzafun צפון (Si consuma la afikomen)
Barech ברך (Benedizione dopo la cena, coppa di vino e benvenuto al profeta Elia)
Hallel הלל (Si cantano le canzoni, coppa di vino)
Nirtzah נירצה (Conclusione)

Pesach e Pasqua cristiana
Secondo la tradizione cristiana, la Pasqua cade circa nello stesso periodo di Pesach, sebbene venga fatta coincidere sempre con la domenica e, pur dipendente dal Pesach, viene evitata la coincidenza con quest'ultima. Vi sono casi in cui la Pasqua viene anche ritardata di una settimana. Per la Chiesa Cattolica la Pasqua sostituisce Pesach per importanza poiché, se Pesach è il periodo della morte di Gesù, Pasqua ne ricorda la resurrezione. Occorre infatti ricordare come l'Ultima Cena consumata da Gesù non fosse altro che il Seder di Pesach. Questa ricorrenza viene ricordata all'inizio del triduo di Pasqua cristiano nel cosiddetto "Giovedì Santo".
Le Chiese cristiane hanno deviato dalla celebrazione esatta di Pesach, che coincide con la morte di Gesù, sin dall' antichità, dando maggiore importanza al giorno della resurrezione. In lettere scambiate tra la Chiesa di Roma e quella d'Asia già nel secondo secolo, si rintraccia una disputa indicata come Controversia quartodecimana. La Chiesa dell'Asia minore riteneva che i cristiani dovessero proseguire nella tradizione degli apostoli di celebrare il Pesach il 14 di Nissan, citando anche la tradizione risalente all'apostolo Giovanni, mentre la Chiesa romana l'aveva già abbandonata in favore della celebrazione della domenica successiva. La tradizione quartodecimana fu seguita da alcune chiese fino a poco oltre il Concilio di Nicea, che stabilì il criterio per la determinazione della data della pasqua cristiana. La maggior parte dei protestanti, con qualche differenza, segue la tradizione latina di celebrare la Pasqua invece di Pesach."

182 - Riso "a la espanyola" ovvero pilaf sefardita al pomodoro




Questo pilaf degli ebrei di Salonicco era un mito gastronomico nella mia famiglia.
Mia madre non ha mai saputo farlo (o mai voluto...), perché mia zia paterna lo faceva così bene che lei non avrebbe sopportato le critiche di mio padre.
In effetti è molto buono, anche se semplicissimo, e accompagna a meraviglia qualsiasi piatto di carne o verdure.
Il nome giudeo-spagnolo che gli davano è: "arroz a la espanyola". Perché e come mai, non l'ho mai scoperto. Gli ebrei sefarditi sono stati cacciati dalla Spagna nel 1492 e il pomodoro è arrivato in Spagna nel '600, quindi non possono essersi portati dietro una ricetta al pomodoro...Un giorno dovrò delucidare questo mistero...

Per 4 persone:
1 scatola di polpa di pomodoro di buona qualità (la migliore sul mercato in questo periodo - e non mi pagano - è la "Polpa Fine" della marca SLunga)
250g di riso lungo (ottimo il basmati)
Olio d'oliva e.v.
Zucchero
Sale e pepe

Fare addensare la polpa di pomodoro in tegamino o in padella con olio.
Quando è bella densa aggiungere un cucchiaino da caffè scarso di zucchero, sale e pepe.
Aggiungerci un bicchiere di acqua e lasciare cuocere a fuoco molto basso per una decina di minuti.
Scaldare il riso NON LAVATO e asciutto in olio in pentola, girando e non lasciandolo tostare.
Quando il riso è molto caldo, versare la salsa di pomodoro, acqua q.b. per cuocere il riso e lasciate cuocere fino a quando non appaiono piccoli crateri sulla superficie del riso.
In quel momento, levare la pentola dal fuoco, coprirla ermeticamente con aluminio e coperchio e lasciare finire di gonfiare senza fuoco per una quindicina di minuti o più.
Come per tutti i pilaf, può essersi formata una crosticina dorata in fondo. E' la parte migliore, dicono...

181 - Ristorante Paladar - Firenze



"Paladar" (il palato, in spagnolo) è un ristorante multietnico aperto nel 1999 da 5 socie extracomunitarie "multietniche" pure loro, capitanate da Benedetta Vitali, fondatrice insieme a Fabio Picchi del mondialmente conosciuto "Cibrèo" di via de'Macci e titolare del ristorante Zibibbo in zona Careggi. Paladar è in periferia, in un ex capannone delle Poste, con ingresso molto sudamericano con tanta di scala celeste decorata da bandiere di diversi paesi lontani. Francisca, originaria di Santo Domingo, accoglie i clienti in musica (salsa irresistibile...) con un sorriso smagliante, e lo staff poliglotta offre una bella serie di piatti del mondo, a rotazione.
L'ambiente è sempre molto "caliente", aperitivi e liquori esotici aiutando, e non è raro che i clienti abbiano voglia di alzarsi e ballare. Si mangia bene, diverso, e a prezzo "normale" (per Firenze...)
Offrono anche servizio di catering multietnico e il ristorante può essere prenotato per feste private.
Per una serata diversa vale la pena di spingersi fino a lì...

Ristorante Paladar
Via Pistoiese, 315 (Firenze)
Telefono: 055 - 317228 ...
Aperto dal martedì al sabato dalle 19.30 alle 23.

180 - I Ragazzi di Sipario



"I Ragazzi di Sipario" è un ristorante cooperativo di Firenze interamente gestito da disabili mentali, creato dalla associazione Sipario (aderente a MCL) e sostenuto dalla Cassa di Risparmio di Firenze. Si mangia toscano, con prezzi a menu tra i 6 e i 10 euro, e 25 euro per le serate a tema...Credo che qualsiasi commento sia inutile per un' iniziativa di questo genere, e mi accontento di riportare le dichiarazioni dei responsabili, con l'augurio che i toscani e fiorentini di ogni confessione avranno a cuore di sostenerla:

L'ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE SIPARIO
VI DÁ IL BENVENUTO IN UN MONDO DOVE
NULLA È DATO PER SCONTATO

Ristorante «I Ragazzi di Sipario»

Siamo una Società Cooperativa Sociale di tipo “B”.

Che vuol dire?
La maggioranza dei nostri soci lavoratori sono ragazzi con handicap intellettivo o sensoriale.

Perché abbiamo aperto il ristorante?
Per rispondere in modo concreto al “come” e “dove” è possibile realizzare nel modo più efficace e proficuo l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili mentali nel mondo del lavoro.

Perché il disabile mentale ha bisogno di lavorare
Il lavoro non è solo mezzo necessario per procurarsi il sostentamento economico, ma è fattore costitutivo dell’essere umano, la cui mancanza può procurare una “carenza” ancor più grave di quella fisiologica o mentale di cui i nostri ragazzi patiscono.
È palese quanto sia importante e necessario assicurare a tutti gli uomini, quindi anche a quelli con “handicap invalidanti”, la possibilità di sperimentarsi, di dedicarsi, di ottenere frutti attraverso il proprio lavoro.

Ma le persone con “handicap intellettivo” hanno le capacità per lavorare?
Le persone con “handicap intellettivo” vivono con maggior difficoltà l’inserimento in contesti sociali ed organizzativi non “protetti”, pur avendo capacità notevoli, che richiedono però, per essere espresse, ambienti in grado di valorizzarle.
Sono persone che, se non adeguatamente sostenute, possono reagire in modo non “conforme” all’ambiente e alle sue regole, patendone purtroppo le relative conseguenze, quali incomprensioni e tensioni che sono alla base del “rigetto” e dell’insuccesso dell’inserimento lavorativo e della vera integrazione sociale.

Ma non è un programma troppo ambizioso?
Certamente sì, considerando che parliamo d’inserimento lavorativo rivolto a ragazzi con handicap intellettivo. Per noi rappresenta una sfida con i luoghi comuni e con il mondo.

Sfida che abbiamo accolto e che abbiamo già in parte vinto!
È sufficiente guardare gli occhi “felici” delle famiglie delle persone disabili impegnate nel ristorante, che li vedono uscire al mattino e rientrare alla sera “stanchi, ma soddisfatti di una giornata di duro lavoro come tutti!”

I ragazzi ci mettono impegno, tanto impegno e dimostrano di avere "energia e voglia di farcela”!

Ristorante I Ragazzi di Sipario - Via de' Serragli n.104 - Firenze.
Tel.055.22.80.924 - 331.68.19.572

martedì 15 aprile 2008

179 - La bibbia della cucina tunisina

La Cuisine Tunisienne d'"Ommok Sannafa"
Questo librone di circa 500 pagine mi segue e m'insegna da più di 35 anni.
Me lo regalarono a Parigi 35 anni fa, appunto, me lo rubarono e me lo riportarono da Tunisi in edizione cartonata, perché ormai in Francia non si trova più.
L'ultima edizione è del 1989, non ha editore, non ha ISBN, ha solo la firma dell'autore dottore Mohammed Kouki, dietista, una dotta prefazione del professore Z. Kallal, e illustrazioni molto carine di Z.Turki.
Cos'ha di particolare? Ha di particolare che le ricette sono eccellenti, e che ogni ricetta è corredata da tabella calorica divisa tra apporto totale e per persona.
Questo libro, in effetti, oltre ad essere una splendida panoramica di tutte le cucine della Tunisia (inclusa la cucina ebraica), è anche uno studio sui modi alimentari dell'epoca e un tentativo di insegnamento dietetico per le donne tunisine.
Io lo consiglio a chi legge il francese, anche se so che deve essere parecchio difficile trovarlo, anche in rete.
Le uniche indicazioni sono il nome dell'autore e della stamperia (Imprimerie Naffati, Tunis).
Buona fortuna!




178 - Tajine di agnello alle cipolline e uvetta

Cortesia foto: http://www.casafree.com/

Per 8 persone:
2 chili di carne d'agnello a spezzatino
2 chili di cipolline fresche bianche
1 bicchiere di olio di oliva e.v.
zafferano q.b.
1/2 cucchiaino da caffè di sale fino
100g di zucchero in polvere
250g di uvetta bionda
1 cucchiaino da caffè di cannella in polvere

Pulire le cipolline e lasciarle intere in un tegame.
Mettere insieme la carne, le cipolline, il sale, lo zafferano in olio e lasciate cuocere per 45 minuti a fuoco lento, evitando che carne e cipolline imbruniscano.
Aggiungere 1/2 bicchiere di acqua, lo zucchero e la cannella e lasciare pippiare per altri 20 minuti.
Nel frattempo prescaldare il forno a 200°.
Disporre il tutto nel piatto del tajine e mettere in forno per circa 20 minuti.
Non deve dorare troppo il sopra (abbassare il forno o coprire con alluminio).
Servire molto caldo, nel piatto stesso coperto dal cono.


lunedì 14 aprile 2008

177 - Stufato di pollo alle melanzane e sedano rapa



Mi sono inventato questo pseudo-tajine marocchino imbattendomi questa mattina negli agli freschi novelli e nel sedano rapa al mio supermercato abituale. Metterli insieme mi pareva una buona idea, sempre che ci fossero altre cosine per bilanciare i sapori. L’aglio novello lessato ridotto a purè viene dolcissimo e non si fa assolutamente ricordare…

1 pollo tagliato in 12 pezzi
1 cipolla rossa grossa a fettine sottili
1 grossa melanzana sbucciata a dadoni
1 sedano rapa piccolo oppure ½ grosso sbucciato e tagliato a dadoni
Gli spicchi di una testa d’aglio novello intera, sbucciati, lessati e ridotto a purè.
1 rametto di prezzemolo trittato
1 cucchiaino colmo di cannella
1 cucchiaino colmo di “tabeul Karwia” ovvero misto in polvere di carvi e aglio
Sale e pepe nero
Olio d’oliva e.v.

Faire dorare il pollo in pentola capiente nell’olio d’oliva e.v.
Aggiungere la cipolla a fettine e farla “fondere” girando.
Aggiungere il sedano rapa a dadoni e farlo insaporire per 5 minuti insieme a pollo e cipolla per 5 minuti girando.
Aggiungere la melanzana a dadini e girare bene per altri 5 minuti.
Aggiungere il purè di aglio e girare bene.
Aggiungere il prezzemolo e le spezie, sale e pepe, 1 bicchiere di acqua, coprire la pentola e lasciare cuocere a fuoco basso fino a quando il tutto non è cotto bene e amalgamato.

Servire con semola di cuscus, bulghur, riso oppure ciò che più vi piace…


domenica 13 aprile 2008

176 - Cinghiale in dolceforte


Siena - Cortesia foto: http://www.cercaturismo.it


Questa ricetta antica di Siena ci porta molto lontano nel tempo ma soprattutto nel mondo magico dei sapori rinascimentali. All'epoca, con la presenza di spezie, di canditi e di cioccolata, non era certo un piatto da poveri. Oggi chiunque se lo può permettere, almeno in Toscana dove i cinghiali sono di casa, e vale la pena assaggiarlo almeno una volta. Alcuni anni fa lo cucinai a Parigi per alcuni giornalisti gastronomici che ne rimasero incantati.
Lo feci così:

Per 4 persone:
1kg di cinghiale spezzato (meglio se con un po' di cotenna e grasso)
1 bicchiere e 1/2 di Chianti vecchio (o altro vino rosso tosto)
1 bel bicchiere di brodo di carne
1/2 bicchiere di grappa
2 spicchi d'aglio
1 carota
1 costola di sedano
1 mazzetto di prezzemolo
1 cipolla media
2 foglie d'alloro
1/2 bicchiere di aceto di vino -
1 pizzico di noce moscata in polvere
1 pizzico di cannella in polvere
30g di cioccolata nera amara da copertura
30g di uvetta rinvenuta
30g di gherigli di noci pestati
30g di pinoli
30g di cedro candito sminuzzato (va bene anche il limone candito o i dadini di canditi misti che si trovano a supermercato reparto pasticceria) -
2 cucchiai da minestra radi di zucchero
olio d'oliva e.v.
sale e pepe

Fare un battuto con la cipolla, la carota, il sedano, l'aglio e il prezzemolo e farlo "fondere" (non dorare) in tegame nell'olio d'oliva.
Aggiungere la carne di cinghiale e farla rosolare bene.
Salare, pepare e aggiungere l'alloro, la cannella e la noce moscata.
Bagnare con il vino rosso e lasciare evaporare il vino.
Bagnare con il brodo, coprire il tegame e lasciare cuocere a fuoco basso per almeno 45 minuti e comunque finché la carne di cinghiale non sia tenera.
Nel frattempo sciogliere il cioccolato in un pentolino, aggiungere la grappa, le noci, l'uvetta, i pinoli, il cedro candito e lo zucchero.
Amalgamare bene il tutto.
Levare il cinghiale dal suo sugo e sgrassare il sugo se è il caso.
Rimettere il cinghiale nel suo sugo e aggiungere il miscuglio di cioccolato diluendolo bene nel sugo.
Portare a bollore e lasciare sobbollire a fuoco molto basso per esattamente 3 minuti.
Servire caldissimo con contorno di patate, di polenta o purè di castagne.

E naturalmente un buon Chianti dei Colli Senesi oppure un bel Brunello di Montalcino.


175 - Mi hanno focalizzato!!!!






La Imma e la Carmen, rispettivamente Caffeine for Two e The Swan Cake
mi hanno "focalizzato", cioè mi hanno attribuito simultaneamente il Premio Foca 2008.
Sono molto fiero e grato e ringrazio i miei genitori, i miei insegnanti, tutti i miei amici in questo grande momento, e le due blogger di cui sopra per quest'immeritata onorificienza. Questo vuol dire che devo cominciare ad attribuire foche a destra e a manca pure io? Se è così comincio subito ad attribuire (o re-attribuire) il Premio alla Imma e alla Carmen, poi si vedrà...



174 - Gefieltefisch ovvero carpa farcita o in polpette

Il Gefiltefisch, piatto simbolo della cucina ebraica aschkenazita, si fa tradizionalmente con carpa sola o con carpa e persico o luccio, ma comunque con pesce di fiume. Si dovrebbe fare tagliando la carpa a fette, svuotando le fette dalla carne, farcendo le fette con la carne condita, cuocendo il tutto e ricostituendo la carpa sul piatto di servizio con la testa e la coda. Ma nessuno fa più questa faticona. Oggi si fanno polpette e basta.

per 8:
1kg e 500g di filetti di carpa
500g di filetti di persico o luccio
3 cipolle bianche grosse
3 uova
6 cucchiai da minestra di farina di pane azimo (matzomehl) ovvvero pane azimo ridotto a farina nel frullatore (non c'è bisogno che sia impalpabile come la farina di grano, e non lo è mai...)
2 cucchiai da minestra di mandorle in polvere
1 cucchiaio da minestra di zucchero sale e (molto) pepe nero
2 carote
1 testa e liscca di carpa (per la gelatina)

Salare i filetti di pesce e lasciarli riposare in frigo per una notte.
Sciacquarli molto bene sotto l'acqua corrente.
Macinare il filetti di pesce con il tritacarne (preferibile per la consistenza) o il mixer.
Aggiungere la cipolla tritata molto fina o grattata.
Aggiungere le uova e la farina di pane azimo.
Aggiungere la farina di mandorle.
salare e pepare (molto) la preparazione.
La consistenza deve essere quella di una pasta liscia abbastanza soda per fare delle grosse polpette un po' allungate.
Piazzare le polpette in un tegame, aggiungere una cipolla a fette oppure tagliata in due (andrà levata), le carote a rondelle, la testa e la lisca di pesce, e sale e pepe.
Coprire con acqua e portare a bollore.
Appena bolle abbassare il fuoco e lasciare cuocere coperto per almeno 30/40 minuti.
Togliere la cipolla, la testa e la lisca.
Lasciare raffreddare completamente (deve rapprendersi la gelatina).
Servire freddo con la gelatina che ha fatto il brodo raffreddandosi, le rondelle di carote, cetrioli Malossol in salamoia e purè di cren bianca o rossa (con barbabietola).

173 - Spanakopita ovvero torta di spinaci e feta




Traditionalmente, questa torta greca va fatta con la pasta fillo, ma è più semplice da fare con la pasta sfoglia e ormai tanti la fanno così.

Per 6 persone 1kg di spinaci cotti lessi strizzati e trittati (cioè il risultato deve essere 1kg). Potete anche usare spinaci surgelati.
1 grossa cipolla sminuzzata.
3 cucchiai da minestra di uvetta.
400g di formaggio feta sminuzzato.
200ml di besciamella.
6 uova.
1 cucchiaino rado di cannella in polvere.
1 cucchiaino colmo di origano secco.
Olio d'oliva e.v.
Sale e pepe.
Pasta sfoglia per sotto e sopra.
Semi di nigella o sesamo o finocchio.

Fare fondere la cipolla in olio d'oliva in padella.
Aggiungere l'uvetta e farla saltare 5 minuti insieme alla cipolla.
Aggiungere gli spinaci e farli saltare per 10 minuti con la cannella e l'origano.
Levare il tutto dal forno e fare raffreddare.
Una volta freddo aggiungere la feta, la besciamella e le uova, salare (con cautela, la feta sala abbastanza) e pepare, e mescolare bene il tutto.
Foderare una teglia con pasta sfoglia, farcire con l'impasto di spinaci e ricoprire con altra pasta sfoglia.
Spennellare con uovo sbattuto e cospargere con semi di nigella o sesamo o finocchio.
Infornare a 180° per circa 45 minuti o più.
Servire calda o a temperatura ambiente, con insalata e/o zaziki.


sabato 12 aprile 2008

172 - Sedano rapa alla sefardita



Una ricetta di mia nonna sefardita di Salonicco, ottima per usare un ingrediente ancora poco conosciuto in Italia anche se da un pò di temtpo si trova dappertutto.


Sbucciare il sedano rapa accuratamente (ha gli "occhi" come l'ananas).
Tagliarlo a cubetti non troppo piccoli.
Saltare il cubetti in pentola nell'olio d'oliva finché non siano un pò dorati. Aggiungere 1 cucchiaio da caffè di zucchero, il succo di 1 limone, lasciare evaporare, poi sale e pepe.
Mangiare a temperatura ambiente come contorno o antipasto con pane...


171 - Soupe à l'oignon ovvero zuppa di cipolla parigina


La "soupe à l'oignon" ( e non "soupe d'oignon") è una specialtà parigina che una volta si mangiava giorno e notte (soprattutto a notte fonda o all'alba per smaltire una sbornia dopo una bella festa...) a Les Halles quando c'erano ancora i mercati generali di storica memoria. I ristoranti della zona la servono ancora, e naturalmente si fa anche a casa. Io la faccio così:
Ingredienti per 4:
300g di cipolla bianca sminuzzata
30g di burro
20g di farina bianca
1 bicchierino di vino rosso corposo
1 foglia d'alloro
2l di brodo di carne
sale e pepe nero
4 fette di pane raffermo abbrustolito leggermente
formaggio emmental grattugiato
Fare sciogliere il burro in tegame.
Aggiungere la cipolla e farla dorare nel burro a lungo, magari togliendo il tegame dal fuoco se attacca, aspettando di potere staccare il "caramello", e ricominciando fino a quando la cipolla ha colore di nocciola scura.
Aggiungere il vino rosso e fare evaporare.
Aggiungere la farina, mescolare bene e aggiungere la foglia d'alloro e il brodo. Assaggiare e aggiungere sale se il brodo non era abbastanza salato, e pepare. Lasciare "pippiare" per una mezz'ora a fuoco basso, senza coprire in modo che il brodo evapori un po' (la zuppa deve essere densa).
Mettere una fetta di pane secco in fondo a delle scodelle individuali che possono andare in forno (Pyrex, porcellana da fuoco o altro...), versarci sopra la porzione di zuppa, cospargere con abbondante emmental grattugiato e fare gratinare.

170 - Baccalà mantecato alla provenzale

Il baccalà mantecato è una ricetta veneta in Italia, ma esiste anche in Spagna e in Francia. In Provenza, e particolarmente a Marsiglia e a Nimes, si chiama "Brandade de morue" e si fa così:

per 6 persone
1kg di filetto di stoccafisso dissalato, privo delle lische ma CON LA PELLE (da untuosità).
3 spicchi d'aglio.
20cl di latte
2 bicchieri di olio d'oliva e.v.
1 grossa patata lessa schiacciata.
Succo di 1/2 limone.
Sale (con cautela) e pepe bianco.

Tagliare i filetti di stoccafisso dissalati in pezzi grossi e metterli in una pentola coprendoli con acqua.
Portare lentamente ad ebollizione e quando bolle abbassare subito il fuoco al minimo, lasciando "pippiare" appena appena per una decina di minuti.
Scolare i filetti e levare eventuali lische rimaste.
Pestare l'aglio in un mortaio e aggiungere via via pezzi di stoccafisso pestando anch'essi ben bene (la vera brandade si fa così, non con il frullatore che cambia la consistenza).
Fare intiepidire il latte e l'olio in due pentolini, ma solo intiepidire, non scaldare...
Incorporare alternativamente latte e olio girando energicamente col mestolo di legno. Incorporare la patata, e quando la giusta consistenza (morbida ma non liquida) è stata raggiunta, aggiungere il succo di mezzo limone, sale (cautela...) e pepe bianco.
Si mangia fredda o tiepida su crostoni di pane agliato abbrustolito, decorata con olive nere, oppure calda leggermente gratinata sotto la salamandra del forno.


169 - Citrons confits ovvero limoni in salamoia


Citron by Manet
I "citrons confits", normalmente, si fanno con limoni interi non pelati, ma se vi capita di fare il limoncello e non sapete cosa fare con i limoni pelati, ecco una ricetta maghrebina che può esservi d'aiuto:
Incidere i limoni profondamente su 4 lati (non si devono staccare gli spicchi) e versare un cucchiaino di sale dentro ogni "ferita".
Mettere i limoni salati pigiandoli bene in un barattolo sterile, aggiungere spicchi d'aglio abbondanti, due foglie d'alloro e coprire con acqua bollente e un cucchiao da minestra di olio e.v.
I limoni devono essere sempre immersi. Io sterilizzo per sicurezza...
Si mangiano tali quali con arrosti o pesce, o in stufati cucinati usandoli come ingrediente dopo averli sciacquato velocemente. Bisogna, però, lasciarli "maturare" almeno un paio di settimane in frigo.

venerdì 11 aprile 2008

168 - Szegediner gulash


Un gulash ungherese che fanno anche i tedeschi dei Sudeti (Cecoslovacchia), invernale e delizioso.
La ricetta mi è stata data da un amico tedesco di origine dei Sudeti, appunto.

Per 4 persone
100g di lardo bianco tritato o di strutto
500g di spalla di maiale a spezzatino
200 g di cipolla bianca tritata
400 g di crauti già pronti, lavati e strizzati (si trovano in scatola nei supermercati o da alcuni salumifici, e dappertutto in Trentino Alto Adige...)
1 cucchiaino da caffè di paprika dolce
brodo di carne
1 cucchiaino da caffè di kummel in polvere o carvi in polvere
1 cucchiao da minestra di concentrato di pomodoro
2 foglie di alloro
Panna da cucina spessa
Sale e pepe

Fare fondere il lardo in tegame e quand'è fuso farci rosolare la carne.
Aggiungere la cipolla e farla rosolare bene.
Aggiungere la paprika e il kummel e mescolare bene.
Aggiungere l'alloro e il brodo a coprire la carne a filo.
Aggiungere sale e pepe.
Lasciare cuocere coperto fino a quando la carne non è molto tenera.
Se il sugo è troppo liquido, togliere la carne e farlo ridurre a fuoco alto.
Aggiungere al tutto la panna fuori dal fuoco e servire immediatamente, oppure servire con panna sopra ogni porzione.

Il Szegediner gulash si serve tradizionalmente con fette di grosso Knoedel di farina o knoedel di patate a polpette ma si può servire anche con patate lesse o al vapore, purè di patate oppure polenta. Una cosa raffinata è servirlo con canederli del Trentino, per esempio quelli della brava Marina Braito.

Accompagnare con un buon Tokai ungherese, un bianco trentino o veneto, o birra...


giovedì 10 aprile 2008

167 - Ratatouille

Cortesia immagine: http://disney-clipart.com


Un piatto (contorno) provenzale che va molto di moda grazie al film omonimo, e che è obiettivamente molto buono...
Bisogna farla con le verdure estive, ma quelle vere, perché quelle "finte", invernali o belle da vedersi ma inconsistenti, hanno tendenza a dare un minestrone liquidino poco simpatico e comunque fuori regola.

Si prendono quindi:
Cipolle
aglio
zucchine
peperoni
melanzane
pomodori maturi
timo secco
alloro
zucchero
olio d'oliva extravergine
sale e pepe

si taglia la cipolla a fette sottili, le zucchine a rondelle piuttosto spesse, i peperoni a quadrucci, le melanzane a fette normali ma tagliate in due o 4 in modo che non siano lenzuoli, i pomodori svuotati a cubetti e l'aglio lo si sminuzza.
Si scalda olio d'oliva e.v. in una padellona ampia e ci si butta prima la cipolla a "fondere".
Quand'è "fusa" la cipolla si alza il fuoco e a padella molto calda si saltano tutte le verdure tranne che il pomodoro insieme all'aglio, al timo e a un pizzico di zucchero.
Dorate e saltate bene che siano le verdure, avendo preso cura di non abbassare il fuoco per non fargli fare acqua, si aggiunge il pomodoro, l'alloro, sale e pepe, e si lascia finire di cuocere per una decina di minuti a fuoco medio.
Se è "oleosa" è riuscita bene, se è "acquosa" è fallita...
Si mangia come contorno, calda, tiepida o anche fredda, con qualsiasi pietanza a gusto.

Se si cuoce insieme a uova sbattute strapazzando il tutto e servendo cremoso, si ottiene (quasi) un piatto del Paese Basco che si chiama Pipérade. La pipérade in realtà andrebbe fatta solo con cipolla, peperoni e pomodori, ma io la trovo molto più interessante con la ratatouille completa.
Olè!


166 - Food Design

Una disciplina che mi affascina, il Food Design fa anche lui parte del "cucinare Lontano".
Alcune creazioni sono così evidenti che nessuno ci pensa, tranne che i food designer...Una per tutte, la caprese di Food Design Studio di Milano:




Non è da meno Xavier Mouche che pratica anche il Food Styling. Esempio questo suo pithiviers di quaglia e tartufo:



O ancora Lagrange34 di Torino, cioccolato design molto intrigante:



oppure la "spettacolarizzazione" del cibo da parte di Rhubarb di Londra:



O le matite di cioccolato, elementari, del giapponese Nendo:



Senza parlare di Ferràn Adrià (che per entrare nel suo archivio fotografico richiede una iscrizione che manco il club più elitista...), dei cuochi-designer come Moreno Cedroni e dei designer stessi come Philippe Starck che praticano il "Design for food" ovvero design PER il cibo.
Non si può citarli tutti qui, ma un'occhiata al web procura piacere infinito...


mercoledì 9 aprile 2008

165 - Boeuf coco ovvero manzo al cocco




Una ricetta delle Antille francesi (Martinique - Guadeloupe) che ho "completata" a modo mio.

Per 4 persone

8oog di filetto di manzo
1 cipolla media grattata
2 cucchiai da minestra di burro di noccioline
1 mango maturo
1 cucchiaio da caffè colmo di curry
1 cucchiaino da caffè colmo di ginger fresco grattato
0,75 l di latte di cocco*
Sale e peperoncino a piacere
Riso basmati q.b.

Tagliare il manzo a fettine alte 1 cm.
Fare "fondere" la cipolla in olio di semi in tegame poi aggiungerci le fette di carne e dorarle leggermente.
Fare un purè abbastanza scorrevole nel mixer con il burro di noccioline, la polpa del mango, il curry e il ginger, e il latte di cocco e aggiungerlo alla carne in tegame.
Aggiungere sale e peperoncino e lasciare cuocere fino a quando la carne è ben cotta.
Nel frattempo avrete fatto cuocere il riso basmati, e per servire disporrete il riso a ciambella su un vassoio tondo con il manzo in salsa nel centro.

Volendo si può anche servire con patate dolci al forno o lesse o in purè al posto del riso.

*Il latte di cocco non è l'acqua che la noce di cocco contiene bensì un latte spesso e cremoso ricavato dalla polpa. Si trova in scatola in tutti i negozi etnici ben forniti e in alcuni supermercati. Se non lo trovate potete anche farlo in casa con la noce di cocco.
Basta ricavarne la polpa bianca levandogli la pellicola marrone, grattare questa polpa o trittarla il più finemente possibile, immergere la polpa grattata in acqua calda a coprirla per un'ora e metterla in un telo putito che strizzerete per ottenere il latte. L'operazione va ripetuta fino a quando la polpa non da più latte.